Donne di case reali, pedine sullo scacchiere della politica
I matrimoni reali erano un punto cardine delle relazioni tra potenze. Spesso in guerra tra loro, i sovrani accrescevano o miglioravano i loro territori grazie ad accorte e lunghe politiche matrimoniali della prole; proposte e contratti erano affidati agli ambasciatori, guidati dai genitori degli aspiranti sposi. Affari di Stato, questioni amministrative. I sentimenti non avevano nessun ruolo e nessuna funzione. In questo contesto le donne erano le pedine sullo scacchiere della politica. Scegliere la sposa del principe era un abile gioco delle parti, serviva per le alleanze presenti e future. Le strategie matrimoniali tra i Borbone e gli Asburgo ne sono un chiarissimo e cospicuo esempio. I matrimoni, in linea di massima, avvenivano per procura. A spostarsi era sempre la nuova regina. Erano educate all’obbedienza ma anche alla conoscenza del Paese dove si sarebbero trasferite; generalmente la formazione culturale delle future regine era complessa e completa, parlavano e scrivevano molte lingue, il francese per le relazioni politiche. Avevano buone conoscenze musicali, molte di loro disegnavano e dipingevano con gusto, avevano conoscenze di diritto, di economia, di pedagogia che era fondamentale nell’educazione delle figlie e dei figli, per cui predisponevano accordi matrimoniali reiterando un costume, una necessità politica. Mantenevano con la famiglia d’origine continue ed intense relazioni epistolari, che danno oggi la possibilità di ricostruire ambienti, strategie, sentimenti.
Il primo compito di una regina era diventare madre, madre prolifica. Il peggior guaio di una regina era la sterilità. Sua o del marito poco cambiava, la colpa era sempre e solo sua. Com’erano viste le nuove sovrane nei regni che la politica aveva loro assegnato? In linea di massima erano considerate delle spie da sorvegliare, restavano per sempre straniere. Difficile era il lavoro da fare per farsi accettare, conoscere, amare. Non sempre ci riuscivano, non sempre lo volevano. Nella loro nuova patria arrivavano accompagnate da una corte personale, tanto più numerosa quanto maggiore era il rango di appartenenza, fatta di dame, medici, istitutrici, funzionari, intellettuali. Quando non riuscivano a prendere lo scettro si dedicavano, prima di tutto, al mondo della cultura, dal mecenatismo, alla promozione dell’istruzione, con particolare attenzione per quella femminile, alla promozione delle relazioni col mondo dell’economia attraverso sponsorizzazioni di particolari attività. La narrazione delle loro storie è spesso soffocata dai luoghi comuni e dagli stereotipi. Ciò che viene interpretato come un valore per i re, dalla capacità di governo all’autostima, alla capacità di visione, è stato descritto e continua ad essere descritto come arroganza, autopromozione e ambizione smodata nelle regine. Hanno faticato il doppio per vedersi riconoscere la metà.